Ghetto, Teatro Marcello di notte
Il Giro di Roma
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Monday, September 30, 2013
Monday, January 7, 2013
Il Vittoriano
Il Museo del Risorgimento
Il Museo Centrale del Risorgimento al Vittoriano
Nel 1878, alla morte di Vittorio Emanuele II, che nel 1861, con la creazione dello stato Italiano aveva assunto il titolo di re d'Italia, il Parlamento decise di edificare a Roma un monumento dedicato al primo sovrano dell'italia unificata chiamato perciò Vittoriano.
Nel monumento - che venne inaugurato nel 1911- avrebbe dovuto collocarsi anche il Museo Centrale del risorgimento, destinato a raccogliere le testimonianze relative alla trasformazione politica, economica e sociale dell'Italia nei secoli XVIII, XIX e XX. Queste testimonianze sono costituite da documenti cartacei(lettere, diari, manoscritti di opere), da quadri, sculture, disegni, incisioni, stampe, armi che, rievocando fatti e protagonisti di questo importante periodo della storia del nostro paese, formano un grande archivio della memoria del Risorgimento.
Lo spazio architettonico del Museo, all'interno del complesso del Vittoriano, reca lungo le pareti, incisi nel marmo, brani di testi significativi dei maggiori testimoni della storia d'Italia, in modo che lo stesso contenitore diventa parte integrante del museo.
Il nuovo percorso di visita del Museo si articola secondo una scansione temporale collegata a singoli eventi e a figure che in qualche modo ne sono state protagoniste.
Queste le sezioni:
- Il periodo napoleonico
- Il Congresso di Vienna
- I moti rivoluzionari del 1820-1821 e del 1830-1831
- Giuseppe Mazzini e la Giovine Italia
-Pio IX
- Il 1848: le Cinque Giornate di Milano; la Repubblica di San Marco; la Prima guerra d'indipendenza
- Il 1849 e la Repubblica Romana
- Cavour e la guerra di Crimea
- Vittorio Emanuele II e la Seconda guerra d'indipendenza
- Garibaldi e l'impresa dei Mille
- Dall'Unità all'Aspromonte
- La Terza guerra d'indipendenza
- 1870 la presa di Porta Pia
- La Prima guerra mondiale
Integrato al percorso di visita sarà un percorso di rari filmati d’epoca realizzati in collaborazione con Cinecittà Luce e il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale.
In particolare, nell’area didattica, sarà visibile il film di animazione La Lunga Calza Verde realizzato nel 1962 da Cesare Zavattini e appositamente restaurato da Cinecittà Luce.
nelle due grandi Sale è inoltre possibile ascoltare alcuni brani militari originali dell'Ottocento e della Prima guerra mondiale, selezionati dall'Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi
Fonte http://www.risorgimento.it/php/page_gen.php?id_sezione=5
Friday, December 7, 2012
La Capitale del Mondo
Thursday, November 29, 2012
I GLADIATORI
I gladiatori romani, cioè combattenti con la spada romana "gladius", erano prigionieri di guerra, schiavi o condannati a morte, ma talvolta anche uomini liberi, attratti dalle ricompense e dalla gloria, chiunque scegliesse di diventare gladiatore automaticamente veniva considerato "infamis" per la legge, ma se aveva successo diventava un eroe, invitato e cercato da tutti, carico di ricompense e doni, pagato più di un generale dell'esercito.
Gli spettacoli gladiatorii furono etruschi prima che romani, usati nelle cerimonie funebri insieme a danze e banchetti in onore del morto. Non erano affatto, come si pensa, organizzati come sacrifici umani, ma per il gusto dello spettacolo, visto che la morte di un parente era per gli Etruschi la certezza che questi si fosse trasferito in un mondo migliore. Anche gli Etruschi sembra usassero gli schiavi e la festa si protraeva per una settimana e pure per due settimane, con diversi giochi gladiatori.
Livio racconta che 307 soldati romani fossero stati fatti prigionieri dagli abitanti di Tarquinia e che fu offerta loro una possibilità facendoli combattere fra loro o contro le fiere: di qui sarebbero nati i ludi gladiatori.
Nella Tomba degli Auguri e in quella delle Olimpiadi a Tarquinia in effetti possiamo trovare i piu' antichi documenti pittorici dei combattimenti con le fiere, nonchè un impari duello di un uomo con la testa avvolta in un sacco e armato d'una clava contro un feroce mastino.
Gli spettacoli gladiatorii furono etruschi prima che romani, usati nelle cerimonie funebri insieme a danze e banchetti in onore del morto. Non erano affatto, come si pensa, organizzati come sacrifici umani, ma per il gusto dello spettacolo, visto che la morte di un parente era per gli Etruschi la certezza che questi si fosse trasferito in un mondo migliore. Anche gli Etruschi sembra usassero gli schiavi e la festa si protraeva per una settimana e pure per due settimane, con diversi giochi gladiatori.
Livio racconta che 307 soldati romani fossero stati fatti prigionieri dagli abitanti di Tarquinia e che fu offerta loro una possibilità facendoli combattere fra loro o contro le fiere: di qui sarebbero nati i ludi gladiatori.
Nella Tomba degli Auguri e in quella delle Olimpiadi a Tarquinia in effetti possiamo trovare i piu' antichi documenti pittorici dei combattimenti con le fiere, nonchè un impari duello di un uomo con la testa avvolta in un sacco e armato d'una clava contro un feroce mastino.
I lottatori seguivano un duro addestramento nei Ludi Magni, scuole fondate da Nerone e da Cesare in cui si allenavano con dura disciplina. La diceria che venissero maltrattati è infondata. I gladiatori venivano acquistati da imprenditori che li affittavano ai circhi, un vero e proprio business, e bastava un solo gladiatore che giungesse al successo che l'imprenditore diventava ricco.
E' come se un allevatore di cavalli maltrattasse i cavalli per farli correre. Si sa che sarebbe controproducente, un gladiatore traumatizzato o picchiato, o denutrito avrebbe reso molto poco. Non risponde neppure a verità che le compagnie gladiatorie fossero dell'Imperatore se non in rari casi.
Le sfide iniziavano con una parata dove i gladiatori entravano in scena su carri o a piedi seguiti da un gruppo di suonatori; giunti sotto la tribuna dell'imperatore, lo salutavano con le parole "Ave cesare morituri te salutant" ("Ave o Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano"), ma sembra che questa frase sia un'invenzione, e che il saluto si limitasse ad un "Ave Caesar" poi si dirigevano verso l'organizzatore dei giochi il quale esaminava le armi che erano diverse in base alla categoria del lottatore.
A volte gli attacchi erano simulati per mostrare varie abilità acrobatiche, ma nella maggior parte dei casi i combattimenti erano duri e sanguinosi. E' infondato però che si ordinasse da parte dell'imperatore o del pubblico la morte del gladiatore, perchè un bravo gladiatore di forgiava combattendo, e se si uccideva non diventava mai esperto. Sarebbe stato come uccidere un soldato perchè non combatteva da subito come un veterano.
E' come se un allevatore di cavalli maltrattasse i cavalli per farli correre. Si sa che sarebbe controproducente, un gladiatore traumatizzato o picchiato, o denutrito avrebbe reso molto poco. Non risponde neppure a verità che le compagnie gladiatorie fossero dell'Imperatore se non in rari casi.
Le sfide iniziavano con una parata dove i gladiatori entravano in scena su carri o a piedi seguiti da un gruppo di suonatori; giunti sotto la tribuna dell'imperatore, lo salutavano con le parole "Ave cesare morituri te salutant" ("Ave o Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano"), ma sembra che questa frase sia un'invenzione, e che il saluto si limitasse ad un "Ave Caesar" poi si dirigevano verso l'organizzatore dei giochi il quale esaminava le armi che erano diverse in base alla categoria del lottatore.
A volte gli attacchi erano simulati per mostrare varie abilità acrobatiche, ma nella maggior parte dei casi i combattimenti erano duri e sanguinosi. E' infondato però che si ordinasse da parte dell'imperatore o del pubblico la morte del gladiatore, perchè un bravo gladiatore di forgiava combattendo, e se si uccideva non diventava mai esperto. Sarebbe stato come uccidere un soldato perchè non combatteva da subito come un veterano.
Anche il pollice rivolto verso il basso o l'alto per la sentenza fu una tarda invenzione cattolica, al massimo l'imperatore poteva dichiarare libero il gladiatore bravissimo, ripagando però il suo menager.
I gladiatori uccisi in combattimento venivano avvicinati da due schiavi travestiti da Caronte e da Ermete Psicopompo: uno ne verificava il decesso toccandoli con un ferro rovente, l'altro, eventualmente, dava loro il colpo finale facendo poi segno ai "libitinarii" di portar via il corpo su una rete trascinata con un uncino.
I gladiatori feriti venivano portati via e curati dai medici, e non era raro che un gladiatore molto bravo ricevesse le cure dei medici personali di grossi personaggi, imperatore compreso.
I vincitori venivano premiati con palme d'oro, denaro e dall'immensa popolarità che gli procurava donne e inviti nelle case patrizie; se il gladiatore vincitore era uno schiavo, dopo dieci vittorie, che venivano segnate su un collare di metallo, diventava libero per legge; egli allora poteva decidere se continuare a combattere per soldi o intraprendere altre attività tipo l'istruttore nelle scuole per gladiatori.
I gladiatori uccisi in combattimento venivano avvicinati da due schiavi travestiti da Caronte e da Ermete Psicopompo: uno ne verificava il decesso toccandoli con un ferro rovente, l'altro, eventualmente, dava loro il colpo finale facendo poi segno ai "libitinarii" di portar via il corpo su una rete trascinata con un uncino.
I gladiatori feriti venivano portati via e curati dai medici, e non era raro che un gladiatore molto bravo ricevesse le cure dei medici personali di grossi personaggi, imperatore compreso.
I vincitori venivano premiati con palme d'oro, denaro e dall'immensa popolarità che gli procurava donne e inviti nelle case patrizie; se il gladiatore vincitore era uno schiavo, dopo dieci vittorie, che venivano segnate su un collare di metallo, diventava libero per legge; egli allora poteva decidere se continuare a combattere per soldi o intraprendere altre attività tipo l'istruttore nelle scuole per gladiatori.
Un altro gioco molto amato dal pubblico erano le "venationes" dove i gladiatori lottavano contro belve feroci come elefanti, ippopotami, leoni, tori, tigri, pantere, e leopardi. Le cacce potevano consistere anche in una sfida fra belve, oppure per condannati a morte che venivano costretti a combattere nell'arena. Ma questo avvenne solo sotto pochi e pazzi imperatori come Commodo (quello del film Il Gladiatore).
Erano molto apprezzate anche le "naumachie", finte battaglie navali, ma rare perchè molto costose. Si sa che sotto un paio di imperatori si fecero combattere anche le donne ma solo contro altre donne, e comunque volontarie.
Romano Impero: ROMANO IMPERO
Erano molto apprezzate anche le "naumachie", finte battaglie navali, ma rare perchè molto costose. Si sa che sotto un paio di imperatori si fecero combattere anche le donne ma solo contro altre donne, e comunque volontarie.
Romano Impero: ROMANO IMPERO
Saturday, November 24, 2012
Il Pantheon
LA STORIA
Fu il tempio romano dedicato a tutti gli Dei. Fatto costruire nel 27-25 a.c. dal console Marco Vipsanio Agrippa, architetto preferito e genero di Augusto, che ne affidò la realizzazione a Lucio Cocceio Aucto. Cassio Dione Cocceiano lo elenca con la basilica di Nettuno e il Gymnasium Laconiano tra le opere edificate a sua spese da Agrippa nel Campo Marzio. Successivamente il tempio crollò e venne riedificato da Adriano, forse per mano dell'architetto Apollodoro con il risultato che possiamo vedere oggi.
Sull'edificio c'è l'iscizione latina "Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta, edificò" ma in realtà edificò la prima versione che non è quella odierna. La sua struttura originaria, come si vide dagli scavi operati per la sua manutenzione consisteva in un tempio quasi quadrato, più largo che lungo, di stile greco consacrato alle sette divinità romane. Il tempio si apriva comunque con diversi gradini sotto, perchè il livello originario è di circa sei metri sotto quello attuale.
RICOSTRUZIONE STORICA DELLA PIAZZA
Non c'è da stupirsi, perchè Roma antica varia in genere da cinque a dodici metri sotto il suolo attuale. Il particolare si rese visibile alcuni anni fa per lavori di manutenzione alla base del fronte templare, quando apparvero i massicci gradini di travertino, un vero peccato che siano interrati, togliendo parte della sua monumentalità al tempio. Secondo Cassio Dione Cocceiano il Pantheon derivava il suo nome dal fatto che la cupola richiamava la volta celeste, la sede degli Dei.
Riporta poi che Agrippa avesse voluto creare un luogo di culto dinastico, dedicato agli Dei protettori della famiglia Giulia, Marte e Venere, dove fosse collocata una statua di Ottaviano Augusto da cui l'edificio avesse derivato il nome. Essendosi Ottaviano opposto ad entrambe le cose, Agrippa fece porre all'interno una statua del Divo Giulio e, all'esterno, nel pronao, una di Ottaviano e una di se stesso, a celebrazione della loro profondissima amicizia.
Riporta poi che Agrippa avesse voluto creare un luogo di culto dinastico, dedicato agli Dei protettori della famiglia Giulia, Marte e Venere, dove fosse collocata una statua di Ottaviano Augusto da cui l'edificio avesse derivato il nome. Essendosi Ottaviano opposto ad entrambe le cose, Agrippa fece porre all'interno una statua del Divo Giulio e, all'esterno, nel pronao, una di Ottaviano e una di se stesso, a celebrazione della loro profondissima amicizia.
RICOSTRUZIONE INTERNA
L'edificio venne decorato da Diogenes di Atene, poi fu distrutto da un incendio nell'80 d.c., venne ricostruito il preesistente sotto Domiziano, ma fu distrutto di nuovo sotto Traiano. Sotto Adriano l'edificio venne ricostruito di sana pianta, come dimostrano i marchi di fabbrica sui mattoni del 123-125, e il suo architetto fu probabilmente il grande Apollodoro di Damasco.
E' il monumento romano meglio conservato che ci sia, anche se in parte rimaneggiato, come disse Stendhal, “Il più bel resto dell'antichità romana che ci appare come dovettero vederlo alla loro epoca i Romani” Fu locato secondo i dettami della leggenda, secondo cui fu il luogo dove il fondatore di Roma, Romolo, alla sua morte fu afferrato da un'aquila e portato in cielo fra gli Dei.
La destinazione del tempio fu una grande innovazione, perchè i templi antichi erano riservati al loro interno ai sacerdoti, mentre il pubblico assisteva a debita distanza fuori dal tempio. Il pantheon invece accoglieva il pubblico, era fatto per il pubblico che partecipava direttamente nel tempio alla cerimonia. Questo principio ispirerà poi i templi di Iside a Roma, anch'essi comprensivi all'interno dei fedeli, e poi le chiese successive cristiane.
Nel VII secolo fu trasformato in chiesa, dedicata a Maria e ai martiri, ciò che garantì la sua conservazione, anche se nei secoli venne spogliato di molti splendidi decori.
E' il monumento romano meglio conservato che ci sia, anche se in parte rimaneggiato, come disse Stendhal, “Il più bel resto dell'antichità romana che ci appare come dovettero vederlo alla loro epoca i Romani” Fu locato secondo i dettami della leggenda, secondo cui fu il luogo dove il fondatore di Roma, Romolo, alla sua morte fu afferrato da un'aquila e portato in cielo fra gli Dei.
La destinazione del tempio fu una grande innovazione, perchè i templi antichi erano riservati al loro interno ai sacerdoti, mentre il pubblico assisteva a debita distanza fuori dal tempio. Il pantheon invece accoglieva il pubblico, era fatto per il pubblico che partecipava direttamente nel tempio alla cerimonia. Questo principio ispirerà poi i templi di Iside a Roma, anch'essi comprensivi all'interno dei fedeli, e poi le chiese successive cristiane.
Nel VII secolo fu trasformato in chiesa, dedicata a Maria e ai martiri, ciò che garantì la sua conservazione, anche se nei secoli venne spogliato di molti splendidi decori.
STATUA DI AGRIPPA AL PANTHEON
(RICOSTRUZIONE)
LA LEGGENDA CRISTIANA
Le leggende cristiane sono più semplici e anche un po' meno romantiche di quelle pagane.
Il pantheon divenne chiesa cristiana nel 608, regalata dall’imperatore bizantino Foca al pontefice Bonifacio IV, che la dedicò a Santa Maria ad Martyres, con cerimonia di consacrazione quanto mai solenne: vennero seppellite, sotto la "Confessione" del nuovo santuario, tante ossa di martiri sottratte alle catacombe quante se ne caricarono in ben ventotto carri.
A questa consacrazione si videro fuggire atterriti sette demoni, sette come le divinità pagane che avevano abitato il tempio. Inoltre l’apertura in cima alla cupola prima non c'era, ma fu procurata da un diavolo a colpi di corna per scappare dal tetto, facendo saltare la pigna dorata che lo chiudeva.
Romano Impero: ROMANO IMPERO
(RICOSTRUZIONE)
LA LEGGENDA CRISTIANA
Le leggende cristiane sono più semplici e anche un po' meno romantiche di quelle pagane.
Il pantheon divenne chiesa cristiana nel 608, regalata dall’imperatore bizantino Foca al pontefice Bonifacio IV, che la dedicò a Santa Maria ad Martyres, con cerimonia di consacrazione quanto mai solenne: vennero seppellite, sotto la "Confessione" del nuovo santuario, tante ossa di martiri sottratte alle catacombe quante se ne caricarono in ben ventotto carri.
A questa consacrazione si videro fuggire atterriti sette demoni, sette come le divinità pagane che avevano abitato il tempio. Inoltre l’apertura in cima alla cupola prima non c'era, ma fu procurata da un diavolo a colpi di corna per scappare dal tetto, facendo saltare la pigna dorata che lo chiudeva.
Romano Impero: ROMANO IMPERO
Saturday, November 17, 2012
TEATRO E CRIPTA BALBO
LA STORIA
Cornelio Balbo, figlio dell'omonimo generale di Pompeo, poi fedele a Cesare e quindi ad Ottaviano, celebrò nel 19 a.c. uno splendido trionfo a Roma per la sua vittoria in Mauretania. Su esortazione di Ottaviano che chiedeva a tutti il dono di bei monumenti per Roma, il generale fece edificare, nel 13 a.c., come narra Cassio Dione, uno splendido teatro finanziato col bottino conquistato in Africa.
Dione ricorda che proprio i giorni degli spettacoli del teatro da pochissimo inaugurato, coincise con la notizia del ritorno di Augusto vittorioso dalle campagne di Gallia, Germania e Spagna, e con lo straripamento del Tevere, si che il teatro era raggiungibile esclusivamente in barca, il che non scoraggiò i Romani dall'andare al nuovo teatro che da Cornelio Balbo prese nome.
Dione ricorda che proprio i giorni degli spettacoli del teatro da pochissimo inaugurato, coincise con la notizia del ritorno di Augusto vittorioso dalle campagne di Gallia, Germania e Spagna, e con lo straripamento del Tevere, si che il teatro era raggiungibile esclusivamente in barca, il che non scoraggiò i Romani dall'andare al nuovo teatro che da Cornelio Balbo prese nome.
TRASFORMAZIONE DALL'EPOCA ROMANA
AL TARDO MEDIOEVO
AL TARDO MEDIOEVO
La scelta del luogo in cui edificare il teatro voleva seguire il programma, voluto da Augusto e da Agrippa, di abbellire e arricchire il Campo Marzio, ossia a quella parte pianeggiante della città che si estendeva sulla sinistra del Tevere tra il Campidoglio e le pendici del Pincio. Infatti quando salì al potere, Augusto fece restaurare o costruire ex novo numerosi edifici pubblici, esortando i suoi alleati e tutti i patrizi di Roma a fare altrettanto.
Il devastante incendio che scoppiò a Roma sotto Tito, nell'80 d.c., danneggiò seriamente il teatro, che fu però restaurato sotto Domiziano, come testimoniano i bolli dei laterizi.
Subì ulteriori modifiche e restauri sotto Adriano, quando il portico fu sopraelevato di un piano e l'emiciclo dell'abside fu trasformato da esedra in latrina. Ma anche il teatro fu restaurato e rifatto, come dimostrano alcuni capitelli appartenenti alla fronte scenica, rinvenuti di recente. A questa fase appartengono la muratura in mattoni, con la quale è stata tra l'altro separata dalla piazza la grande esedra, e la decorazione architettonica a stucco che rivestiva i prospetti del portico.
Il teatro Balbo fu indicato facente parte della IX regione augustea, e risulta in funzione fino al IV sec. d.c., quando la nuova religione proibiva l'uso dei teatri, considerati osceni e peccaminosi, ma spesso con scarso successo.
Dal V sec., con lo stabilirsi delle leggi ecclesiastiche, il complesso monumentale andò in completa rovina. Nel X secolo, le sue strutture murarie furono trasformate in fortilizio medievale, ricordato dalle fonti con il nome di Castellum aureum, in cui vennero inseriti orti e chiese. Nei secoli successivi, l’area del criptoportico fu occupata dalle botteghe dei funari.
Il teatro è rimasto a lungo ignorato in epoca moderna, perché fino al 1960 la sua cavea, di cui sono ancora visibili i resti inglobati nel Palazzo Mattei-Paganica, veniva identificata con l'emiciclo del Circo Flaminio, il quale si trovava invece presso il Teatro di Marcello, ove è la via del Portico di Ottavia.
Gli scavi del 1961 hanno liberato una parte della grande esedra posta su uno dei lati del criptoportico quasi quadrato che costituisce la Crypta Balbi.
Il devastante incendio che scoppiò a Roma sotto Tito, nell'80 d.c., danneggiò seriamente il teatro, che fu però restaurato sotto Domiziano, come testimoniano i bolli dei laterizi.
Subì ulteriori modifiche e restauri sotto Adriano, quando il portico fu sopraelevato di un piano e l'emiciclo dell'abside fu trasformato da esedra in latrina. Ma anche il teatro fu restaurato e rifatto, come dimostrano alcuni capitelli appartenenti alla fronte scenica, rinvenuti di recente. A questa fase appartengono la muratura in mattoni, con la quale è stata tra l'altro separata dalla piazza la grande esedra, e la decorazione architettonica a stucco che rivestiva i prospetti del portico.
Il teatro Balbo fu indicato facente parte della IX regione augustea, e risulta in funzione fino al IV sec. d.c., quando la nuova religione proibiva l'uso dei teatri, considerati osceni e peccaminosi, ma spesso con scarso successo.
Dal V sec., con lo stabilirsi delle leggi ecclesiastiche, il complesso monumentale andò in completa rovina. Nel X secolo, le sue strutture murarie furono trasformate in fortilizio medievale, ricordato dalle fonti con il nome di Castellum aureum, in cui vennero inseriti orti e chiese. Nei secoli successivi, l’area del criptoportico fu occupata dalle botteghe dei funari.
Il teatro è rimasto a lungo ignorato in epoca moderna, perché fino al 1960 la sua cavea, di cui sono ancora visibili i resti inglobati nel Palazzo Mattei-Paganica, veniva identificata con l'emiciclo del Circo Flaminio, il quale si trovava invece presso il Teatro di Marcello, ove è la via del Portico di Ottavia.
Gli scavi del 1961 hanno liberato una parte della grande esedra posta su uno dei lati del criptoportico quasi quadrato che costituisce la Crypta Balbi.
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